Sentieri – ROBERTO MAGRO

TRE MINUTI DI SILENZIO E LO SPETTACOLO APPARE.

 

Nomade, non solo giramondo, pensiero libero, i suoi viaggi sono vitalità pura e coinvolgono chiunque incontra.
Ci ricorda qualcuno già incontrato nel passato, per il suo attaccamento alla terra, radici profonde in valle dove è nato e cresciuto, contemporaneamente qualcuno che ha visitato il futuro, per la sua abilità da giocoliere che mette in fila i sogni, li trasforma in progetti e aggrega artisti da luoghi lontani.
Lo definiamo arrogante e lui ci corregge e dice “mah… forse meglio irriverente”. Una delle parole su cui si sofferma e mostra la sua voglia di lasciare un segno è “sentire”, per lui è lo strumento per captare segnali deboli e modellare la sua stessa creatività.
Fuori dalle regole, potente nell’inclusione, mestierante… il suo corpo insegue le sue idee e progetti in giro per il mondo, una sorta di fuga dal presente alla ricerca continua di compagni di viaggio per allestire spettacoli o formazione fuori dal comune. Il suo scopo catturare l’anima degli spettatori con dolcezza e immersione totale nel contesto, nella scena, sa far emergere l’identità più profonda di tutti coloro che dell’arte di strada hanno fatto prima di tutto uno stile di vita sostenibile e sa coinvolgere gli spettatori nel cambiamento di prospettiva.
Il suo modo di stare dietro le quinte e agire per il bene comune sono un’alchimia speciale.
Ricorre nei suoi discorsi, in modo costante, la gioia nel aver superato in parte la sua solitudine grazie alla condivisione totale con la sua compagna di vita, sa bene che la sua forza e debolezza sono la velocità con cui elabora pensieri e agisce, sa che non è facile stargli accanto. Non si volta indietro e così… vita, professione, lavoro, passione e viaggio si inseguono e si mescolano senza un confine.
Il suo pensiero veloce lo fa stare in una continua progettazione e riprogettazione di eventi, spettacoli, incontri e insegnamento, riesce sempre a tirare fuori, con la sua creatività, il coniglio dal cappello per stupire il suo pubblico e i suoi studenti.

 
#lentezza

 
Nessuno pensa di me che sia uno lento. Nel lavoro che faccio, soprattutto quando insegno, parlo spesso dei “sette fili invisibili”, i fili guida e invisibili per lo spettatore, come se fosse una marionetta guidata all’ascolto. Di questi sette fili uno è il “vettore” tempo, che identifico nei miei corsi di formazione come la velocità del movimento scenico che è compresa fra 1 e 9. Lento da 1 a 5.9, normale da 6 a 6.8, e da 6.9 siamo già nel veloce. Per esempio, aprire una porta esplorando il tempo da 5.9 a 3 mostra un’infinita quantità di piccoli gesti che accompagnano il movimento, poi c’è una soglia da 3 a 1 nella quale diventa quasi invisibile il movimento. In questa dilatazione della sfera del tempo, il vero tempo lento sotto il 3, si entra in un’altra dimensione, ogni singola “particella” del movimento diventa un tutto. Una serie infinita di particelle visibili e accade così che chi lo esegue e chi lo osserva entra in un livello di sensibilità percettiva alta, aumenta ed estende la capacità di osservazione, lo spettatore vede e sente cose che non avrebbe mai visto. Scopriamo insieme una quantità di informazioni spettacolari che possiamo vedere solo in un tempo lento che ci permette di analizzare i singoli dettagli da osservatori coscienti.
Mi basta entrare in un teatro dove niente si muove e tutto è silente, assorbo e incorporo dettagli e immagini che spesso si trasformano dentro di me in uno spettacolo tutto da fare.

 
#creatività 

 

La creatività secondo me non appartiene a nessuno! In tutti gli spettacoli che dirigo non voglio che appaia il mio nome. La creatività fa parte del mondo in cui viviamo, il mio scopo è tradurre qualcosa che esiste già.
Il motore della creatività, per me, è il contrasto e la gestione della complessità, portare ad esempio un circo immaginario in un contesto che non c’entra niente, in mezzo agli alberi come nel Festival Brocante [1], un immaginario in cui tutto diventa magico e la creatività diventa contagiosa, creatività e arte fa sì che tu cittadino, che partecipi agli spettacoli immerso in questo luogo, possa diventare creativo nel tuo quotidiano.

 
[1] Festival Brocante è un fenomeno artistico internazionale dallo spirito nomade, che in Valcolvera ha trovato casa e senso. È un’arte che intreccia molte discipline e si fonde con la vita stessa, che trasforma gli spazi e cresce nel rapporto simbiotico col pubblico. Le piazze delle tre principali realtà della vallata (Frisanco, Poffabro, Casasola) si animano di spettacoli circensi legati alle caratteristiche architettoniche delle località stesse e ai luoghi naturali che le circondano.

      #dubbio

       
      Quando ho un dubbio per me significa che non sto prendendo la strada giusta.
      Il dubbio non è un mio fedele compagno di strada. Anzi sono irriverente e bastian contrario, cambio strada se si presenta un dubbio.

       
      #riuso

       
      Brocante (il nome del nostro festival in valle), nel suo significato originario (francese), è il momento in cui il primo fine settimana di maggio in cui prendi le tue cose vecchie e ti metti in strada per venderle. Esempio significativo di costante riutilizzo. Così il festival rappresenta per me, cittadino della val Colvera, la necessità di riciclare conoscenza, rapporti e arte, un esercizio costante per reinventare spettacoli.
      Uscire dall’innovazione costante, la mia dannazione, e mettermi nella posizione migliore per trasformare ogni anno, senza mai replicare, la parola data all’arte che prima non era mai arrivata in valle, è il mio modo di riusare casa mia.

          #compassione

           

          Sin da piccolo sono stato attratto da personaggi che vivevano in pianeti diversi, che si esprimevano con linguaggi diversi, fuori dal mondo come Federico Tavan [2]. Nel ’95, unico italiano, parto per andare a fare una scuola di circo in Francia, nel ’99 con altri 25 artisti in Norvegia un giornale ci definisce “ecco il futuro”. Un camion con le nostre cose e il tendone, una Mercedes del ‘72 sistemata con la flex proprio da me, al limite della legalità, ricostruivamo il nostro mondo in piena condivisione, una comunità in cui tante parole non entrarono, parole come vendetta. Ho vissuto negli ultimi 30anni senza la parola futuro. Non riesco a vedere cosa c’è al di là della prima linea, il mio agire di tutti i giorni, nel mio mondo intimo c’è vivere nell’ascolto sensibile.

           
          [2] Federico Tavan nasce “strano” perché, quando è ancora in pancia, riceve la maledizione della strega del paese. Così la pensano ad Andreis, un borgo incantato, in cui vivono meno di 250 anime in Val Cellina, nel Friuli più segreto, al confine con l’“Italia”. L’Italia, a iniziare dal Veneto, è un posto dove non si parla la marilenghe, la lingua madre, il friulano. Mentre ad Andreis l’italiano è cosa che si usa solo sui banchi di scuola. La nâf spaziâl si pues considerâ la poesie plui famose di Federico Tavan.

           
          #silenzio

           
          Il luogo in cui trovo la giusta attenzione per me stesso è il mio lavoro. È uno studio costante su di me, dei miei limiti, delle mie possibilità che si espandono e si restringono. Il mio mestiere è essere un postino, non so cosa c’è scritto nelle lettere, lettere scritte con l’acqua di mare, mondi fatti di sogni, realtà che non si possono misurare, assaggiare con un cucchiaino o mettere in un calendario gregoriano.

           
          #speranza

           
          Vorrei lasciare a chi verrà la borsa del postino e che qualcuno possa ancora portare le lettere in cui l’invisibile sia presente e permetta di “vedere” l’arte. Uno studio costante per usare il terzo occhio scolpito come un artigiano che prova e riprova a vedere l’invisibile.

           
          #coraggio

           
          Coraggio e paura non fanno parte del mio vocabolario. Dedizione invece sì, totale. Sentire senza dubitare. Irriverente e spregiudicato. So prendermi la responsabilità di portare una nave piena di buchi, senza mai pensare di non farcela, senza dubbi o paure, per lasciare ogni volta il porto verso nuove mete.
          Ho mentito a me stesso, una volta nella vita, una menzogna che ha giocato un ruolo importante, rifarei tutto tranne quello. Imperdonabile. Mai mentire a sé stessi.

              Roberto Magro - "Tre minuti di silenzio e lo spettacolo appare”info@studiofabbro.com