Sentieri – PAOLO CELOTTO

VUOTI E PIENI NEL MONDO DEL SOTTOSOPRA.

Apre la porta verde e ci mostra la sua tipografia, vibra la sua anima e vibrano le sue mani che sembrano incerte quando aprono i cassetti e manipolano i caratteri che compongono singole lettere, parole e frasi.
I caratteri, materia ordinata che diventa nel suo “mondo” un pensiero agito con tanta perizia e cura. Poi nel racconto che fa di se stesso scopriamo che le sue mani non sono incerte, sono mani mosse dall’anima di chi considera sacro questo mestiere.
Cassettiere ordinate contengono storie di altri uomini che hanno imparato a “leggere sottosopra” proprio come lui e prima di lui, non può fare a meno di immaginare le storie che hanno messo insieme, in epoche diverse. Poesie e racconti dove lui non c’era ma di cui ha ereditato l’essenza.
Dice che non ci sono vuoti o spazi bianchi quando impagina e decide come allineare le minuscole lettere. Ogni spazio e ogni vuoto fanno parte di un pieno che lui vede e progetta, in fondo ci mostra con questa sua abilità come ha preso coscienza e ha voluto condurre la propria vita, con amore e passione al di là del tempo.
Ama la lettura e alterna la narrativa la mattina e la poesia la sera, ci porta nella sua costante e irrequieta ricerca che lo fa sentire vivo dalle prime luci dell’alba fino alla notte e… ci porta dentro a questo sentire e vediamo quanto coincida con il movimento lento delle sue mani e dei suoi polpastrelli che cercano quella tacca che dice che il carattere che ha disposto accanto agli altri sia davvero giunto al suo posto.
Tempo dilatato nella sua bottega, ci perdiamo nelle scoperte da fare intorno a noi, si vede che è sempre ordinata e pronta per nuovi lavori. Siamo in presenza di un archetipo, un uomo del fare che cura il processo in modo così speciale da renderlo un’arte, vive nel processo e non ha un attaccamento al risultato, cede volentieri i suoi lavori. Quando stampa il risultato è sempre incerto, essere unico e a volte irripetibile rappresenta la magia che lo tiene vivo. Niente è suo, nessun possesso, tanto desiderio di lasciare un segno.

 
#lentezza

 
Ho conosciuto questo mondo, la stampa a caratteri mobili, nel 2002 durante l’inaugurazione di un museo. La mia formazione di disegnatore industriale non aveva fino ad allora avuto occhi per vedere. Vedo, sento e rimango affascinato dalla storia che trasmettono le macchine da stampa e i caratteri di legno. La grafica, lettere e immagine da prendere in mano coinvolge i sensi. La scala che ti dà questo mondo della tipografia ti offre la possibilità di cogliere i vuoti e i pieni. Vuoti e pieni che hanno evoluto anche il mio modo di fare grafica digitale. Penso che scoprire questo mondo mi abbia salvato. Mi sentivo già afflitto dalla velocità con cui si stavano evolvendo le metodologie di progettazione e stampa digitali, rapidità che stava togliendo la cura, la perfezione e la dedizione che ho recuperato grazie al ritorno alla stampa che coinvolge tutti i sensi. La lentezza è dare il giusto tempo alle mani, al cuore e al processo.

 
#creatività 


Oggi è ancora così, se non avessi incontrato questo mondo avrei cercato altro, è un perfetto contrappeso, un modo di procedere che ha contaminato anche il mio modo di fare grafica da pc. La composizione dei caratteri è la parte che segue il progetto, sempre condiviso con poeti e artisti con cui collaboro, conosco i vincoli tecnici di questo modo di stampare e amo l’azione che tiene insieme la “parola esatta” con il “carattere giusto”. Per me è come immergermi in una dimensione temporale diversa, è come entrare in un altrove, entrare in un altro luogo dove spazio e tempo si annullano. Dare il tempo giusto a quello che faccio mi fa sentire parte di un processo ogni volta sorprendente.
Lettera per lettera… seguo la parola singola… entro nella materia e mi sento a contatto con me stesso, una sorta di meditazione.

 
#dubbio

 
“Neldubbiostampo” è il nome della mia attività, il dubbio è il mio modo di agire, non amo stare in un mondo polarizzato dove sei costretto a scegliere tra due alternative. Mi piace tenere insieme ogni variabile, trovare il modo di unire piuttosto che dividere è una grande forza, un elemento che muove. È un modo di leggere le cose per capirne i limiti, non voglio semplificare, mi impegno a tenere aperte tutte le opzioni possibili. Questo modo di interpretare la realtà mi consente di avere uno sguardo più libero e non stare fermo. E… accetto di essere imperfetto.

 
#riuso

 
La storia è nei caratteri di legno, ne ho trovati che hanno almeno cento anni, appartenuti a tipografie che ora non ci sono più. Ma in quei caratteri vedo e sento la storia dei tipografi che li hanno utilizzati. Forme, inchiostro, imperfezioni, tarli e usure mi fanno immaginare le mani e i modi con cui hanno stampato altri prima di me. Sono diventato una parte della loro storia e sono consapevole che non sarò l’ultimo.
Anni di vita degli oggetti di cui possiamo farne parte.
La forza del riuso è per me la consapevolezza di essere solo una parte della storia e dell’esperienza che probabilmente verrà trasmessa ad altri, quando le prossime mani stamperanno avranno la possibilità di sentire le tracce che tutti noi abbiamo lasciato.

 

#compassione

 
Quando ho a che fare con i poeti e artisti, quando per esempio progetto con loro, confido molto nel dono che mi fanno, il loro testo e i loro disegni finiscono per catturarmi. Non faccio mai obiezioni sui significati, prendo quello che mi donano come un gesto che merita rispetto e cura. Empatia e fiducia mi fa entrare in una relazione che mi fa agire da specchio, si crea una sorta di osmosi. Abbiamo bisogno di andare al di là del lavoro, nel nostro microcosmo possiamo generare un racconto sereno di chi siamo, accettiamo noi stessi e gli altri anche quando veniamo visti come dei diversi.

 
#silenzio

 
Sono due anni che mi sveglio alle 5 e mezza, faccio esercizio fisico nel silenzio completo. Leggo e mi immergo nei racconti per stare in mondi diversi prima di incontrare la quotidianità con la mia famiglia e il lavoro.

 
#speranza

 
Tra le parole in cui mi riconosco c’è “utopia”, sia nel quotidiano sia nel sociale, sapere di agire senza risolvere completamente mi appartiene fin nelle ossa. Sono consapevole che bisogna accettare di non arrivare al fine, so quanto mi dà saper stare nel processo per quanto utopico sia.
Per me la rappresentazione della speranza è l’immagine di una scala che va verso la luna, una tensione verso un ideale di società.

 
#coraggio

 
Nei momenti di maggior stress emotivo, prendo in mano me stesso e cerco di non procrastinare scelte, smetto i panni dell’uomo misurato. Non reagisco, agisco. Coraggio e liberazione si tengono per mano.
Faccio cose inaspettate anche a me stesso, lo stupore alimenta il coraggio.
Ho iniziato a fare pugilato, sto imparando a prendere colpi a evitarli e a sentire il mio corpo, una bella metafora della vita.

      Paolo Celotto - "Vuoti e pieni nel mondo del sottosopra”info@studiofabbro.com